L’Infinito Mutevole  1987 – 1997


IL MESSAGGERO DELLE NUVOLE
I momenti più belli vivono e svaniscono prima che sia dato loro un nome;
come le nubi più rosa nel cielo serale per prime impallidiscono e scompaiono.
(Mary Russel Mitford, 1811)

L’INFINITO MUTEVOLE
nelle visioni di Giovanni Fanetti

Leonardo Da Vinci nel suo “Trattato sulla pittura”, tra le altre cose scrive:
“pigliate una spugna sporcatela dei colori dei vari colori della tavola e poi tiratela contro una superficie bianca. Nella macchia colorata e informe che si sarà formata vedrete e riconoscerete tutto: mostri, battaglie, figure intere e teste, e poi montagne, pianure e mari tempestosi, tutto insomma. Se il vostro sguardo non riesce a vedere questo e infinite altre cose non sarete mai pittori”.
A ragion veduta è possibile affermare che Giovanni Fanetti sia un eccellente pittore, ma poiché egli ha prevalentemente scelto per pennello la fotocamera, dobbiamo correggerci e affermare che è un eccellente fotografo, anzi un eccellente visionario che riesce a fissare sui sali d’argento della pellicola (sempre puntualmente in bianco e nero), in un modo tutto suo, quanto mai esclusivo, le sue visioni senza mai tradire le realtà, che, volta per volta, osserva con estrema precisione e grande sapienza.
Come è ovvio attendersi da ogni fotografo che sia davvero un autore è condannato a portare sino in fondo tutti i processi fino al conseguimento della stampa finale.
E come ogni autore, anche lui, pur non modificando alcunché dei suoi soggetti, li “trasforma” radicalmente affinché si identifichino perfettamente con  il suo  “vedere”  interiore.
E’ la visione detta del terzo occhio quella che conta; quella degli occhi è soltanto lo strumento (pur meraviglioso), il mezzo per cui giungere a quella, poiché è in essa che si trova la sensibilità, l’emozione nascente dai sentimenti rimossi e che Fanetti vive in profondità e che intatti presenta sotto forma di immagini al nostro sguardo, che continuando in senso inverso il percorso dell’autore, ci consente di vivere le sue medesime  emozioni.
Tutto questo va sotto la definizione di comunicazione artistica. E’ opera d’arte l’opera che sta davanti a noi.
Un figlio di Firenze che si chiama Giovanni Fanetti è un artista.

Le sue fotografie di “L’Infinito Mutevole” hanno le stigmate delle opere d’arte sotto tutti i punti di vista. Basti pensare alla tecnica analogica utilizzata per realizzarle, unica nel suo genere e mai sperimentata prima nella storia della fotografia.
Fanetti, con le sue nuvole (quasi sempre raddoppiate a specchio), crea un mondo fantastico dove ci perdiamo di buon grado lasciandosi annegare nell’universo variato all’infinito di cose, situazioni, accadimenti, personaggi, mostri, paesaggi che attraversiamo entrando in nuove costellazioni , e come Alice viviamo avventure alternando paure, dubbi, esclamazioni, sorpresa, e istanti gioiosi per poi, avendo superato il succedersi di turbini, ci ritroviamo nel luogo di partenza. E’ come in un risveglio avvenuto nostro malgrado.
Tutto però può ricominciare tutte le volte che lo si desideri e sarà sempre una nuova esperienza.
Queste fotografie di modeste dimensioni divengono spazi senza confini  delle quali è impossibile intravedere orizzonti.
Come sempre accade davanti ad un’opera d’arte esistono letture (intendo catture, comprensioni, emozioni) a livelli differenti.
Tuttavia, anche l’osservatore più sprovveduto vivrà la sorpresa dell’invenzione viva, nuova e inattesa, rimanendo affascinato da quello che i suoi occhi percepiscono e anche a questo stadio il piacere che ne trarrà non sarà poco.
Questo artista, che da oltre trent’anni, solitario, continua per la sua strada, sempre uguale a se stesso e sempre nuovo per quello che ci propone, è una presenza rara nel panorama della fotografia tout court, ringraziamolo ed auguriamogli che gli venga infine riconosciuto il merito che si è tanto largamente guadagnato.
Per quanto mi riguarda lo abbraccio.

Luciano Ricci

THE CHANGEABLE INFINITY
in the visions of Giovanni Fanetti

Leonardo Da Vinci wrote, among other things, in his Essay on painting”:
“Take a sponge, dip it in various colours from your palette and then throw it against a white surface. In the coloured stains that will have taken shape you will see and recognize so much – monsters, battles, human figures and heads, mountains, plains and stormy seas, all sorts
of things. If you cannot see all this you will never become a painter”.

For this reason we can say that Giovanni Fanetti is an illustrious painter, but as he has chosen the camera as his paintbrush we must correct ourselves and say that he is an illustrious photographer. He is an illustrious visionary who is able to imprint his visions on the silver salts of the film (always in black and white) in his own particular way, without ever betraying reality, which each time he observes with extreme precision and great knowledge.

As can be expected from every photographer who is a truly an author, he is destined to bring to a conclusion all the procedures until the print is finally achieved.
And as is the case for every author, even he, though he never alters any of his subjects, transforms them radically until they perfectly conform to his interior vision.

It is the vision of the so called third eye that counts. The eyes are only an instrument (admittedly a wonderful one), a means to an end, because it is in the eyes that we can find sensitivity, the emotion that is born from banished feelings and that Fanetti deeply experiences and which he offers to us in the form of pictures. If we continue the journey of the author but in the opposite direction we are able to experience his feelings.

All of this can be called artistic communication. It is a work of art that is in front of us.
A son of Florence called Giovanni Fanetti is an artist.

His photographs entitled “The Changeable Infinity” have the mark of works of art from all points of view.
Bear in mind the analog technique used to produce them, a technique that is unique and never before tried out in the history of photography.

Fanetti, with his clouds, (almost always mirrored) creates a fantastic world where we can lose ourselves and quite happily let ourselves drown in the universe of the changeable infinity of things, situations, happenings, people, monsters, landscapes which we go through when we enter into new constellations and like Alice in Wonderland we experience this adventure through a variety of emotions such as fear, doubt, exclamation, surprise and moments of joy and then once we have passed through the whirlwind we find ourselves in the place where the adventure began. It is like an involuntary awakening.
But it can start all over again every time you wish and each time it will be a new experience. These small photographs become open spaces from where it is impossible to see the horizon.
As is always the case when facing a work of art there are different levels of interpretation (capture, understanding, emotion). However, even the most unprepared observer will experience the surprise of live, new and unexpected invention, and he will be fascinated by what his eyes perceive and the happiness that he gains will be more than a little.
This solitary artist has, for more than thirty years, continued along his way always the same to himself and always new for what he offers us.
He is something quite rare in the panorama of photography, tout court.

We would like to thank him and wish him all the best, and that he will receive the recognition he so rightly deserves.
I, for my part, warmly embrace him.

Luciano Ricci
Florence 2006

PIOVE

Sul vetro della finestra una goccia d’acqua scivola e racconta….
E’ un giorno grigio e triste, uno di quei giorni che non vorresti fare altro che stare al calduccio di casa tua, accoccolato nella poltrona, sorseggiando cioccolata calda.
Mi assopisco a guardare fuori dalla finestra le gocce che cadono dal cielo, dandomi una sensazione di tranquillità.
Ad un tratto, una piccola goccia solitaria scivola sul vetro della finestra e mi guarda con i suoi occhi profondi, io  incuriosita ricambio lo sguardo e lei inizia a raccontare con la sua voce limpida e trascinante:
“appena nata, già scorrevo nel lungo fiume del rio delle Amazzoni. Insieme alle mie sorelle i giorni passavano felici tra risate argentine e buffi incontri con strani esseri, quando un giorno sentimmo un grande boato.
Tutte noi spaventatissime ci chiedemmo cosa potesse essere, ma la risposta arrivò presto: era una cascata!!!
Dopo parecchie capriole atterrammo nel letto del fiume sane e salve.
Il nostro viaggio proseguì per molti chilometri fino alla foce del fiume.
Da lì finimmo nell’Oceano Atlantico che è un posto veramente divertente e pieno di strani animali.
Continuammo a vagare nell’oceano per moltissimo tempo.
Un mattino, appena sveglie, sentimmo che l’aria si faceva pungente allora ci stringemmo vicine vicine.
Via via che ci avvicinavamo alla costa l’aria era sempre più fredda e noi sempre più vicine.
In lontananza vedevamo grandi blocchi bianchi e ci chiedevamo cosa fossero.
Una notte, la notte più fredda che io avessi passato, sentii che mi stavo legando ancora di più alle mie sorelle. Infatti la mattina ci svegliammo non più come gocce d’acqua, ma come un pezzo di ghiaccio.
Strette ci spostammo verso la banchisa e nella sera ci arrivammo.
Stemmo lì molto tempo, fino a quando un raggio di sole ci colpì ed io sentii che l’unione con le mie sorelle stava scomparendo.
Quando mi svegliai non capii subito dove fossi, me ne resi conto dopo: ero nel cielo, in una nuvola!!!
Vedevo tutto bianco, anche il mio corpo era scomparso, ma sentivo la presenza di altre gocce.
Il vento ci aiutò molto spostandoci verso nuove terre.
Dopo qualche settimana una luce accecante guizzò in cielo e la nuvola tremò.
Noi, spaventate, sentimmo il vuoto sotto di noi e cademmo, cademmo…
Iniziai a intravvedere qualcosa, ma non era molto nitido.
L’aria pungeva ed io avevo paura.
Quando vidi questa finestra mi buttai e la paura svanì.
Decisi che avrei raccontato la mia storia a qualcuno prima di giungere alla mia fine, e così è stato.
La mia vita è stata bellissima, piena di avventure, ma adesso è arrivata alla fine.”
L’ultima frase la pronuncia con voce flebile, sapendo cosa succederà.
Un timido raggio di sole la colpisce e lei, prima di svanire, sorride donandomi tutta la sua felicità.

Sara Fanetti
2014

Gli originali delle fotografie sono analogici.

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